La volontà di uscire da una sorta di apnea mentale causata dalla pandemia, mi ha spinto a rileggere un articolo accantonato da tempo e che mi aveva lasciato molto perplesso, di Nicolas Baverez: “Se ritorna Macchiavelli” (la Repubblica del 9 marzo 2020). Scrive l’autore: “Il tragico destino del XX secolo è stato all’insegna del machiavellismo– e conclude – è venuto il momento per le democrazie di affrontare la sfida dei machiavellismi della nostra epoca”. Alle solite: il pensiero politico di Macchiavelli condensato nella trita formula: il fine giustifica i mezzi. Così ho ripreso in mano il libro di Massimo Cacciari su Macchiavelli (ed. la Repubblica), e sono andato dritto al capitolo: La filosofia politica e la natura umana; quindi alle mie sottolineature… “Questa affermazione non riguarda questa o quell’epoca, ma si tratta di un principio antropologico per Macchiavelli. Degli uomini si può dire in generale che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno. Ognuna di queste parole mette in evidenza proprio gli elementi essenziali della problematica di Macchiavelli e anche la loro contraddittorietà”. E prosegue Cacciari: “Quindi l’uomo è ‘fuggitore de’ pericoli’, vuole un ordine che gli dia anzitutto sicurezza, che è poi il principio essenziale dello stato moderno contemporaneo. Ma attenzione, perché gli uomini sono anche ‘cupidi di guadagno’ (con connesso potere ndr) e di solito non si vede la contraddizione tra questi due aspetti, che invece è fondamentale, perché costituisce tutta la ricchezza anche analitica della filosofia machiavellica”
Così ho preso a ragionare: dopo la tragedia dell’ultima guerra mondiale noi europei abbiamo costituito un nuovo ordine sovranazionale: la Comunità europea, oggi pomposamente Unione europea. Certo il nuovo ordine ha garantito la pace; ma finora ha fallito l’obiettivo di graduale integrazione tra gli Stati: sia riguardo l’armonizzazione dei compiti statuali (scuola, giustizia, salute, difesa, ecc.), sia nel ridurre le differenziazioni economico-sociali. Viste le cose dall’Italia, si può senz’altro affermare che la Francia e la Germania (cupidi di guadagno) abbiano condizionato l’Unione europea giusta i loro interessi. Mi limito a un esempio, certo non esaustivo: questo stato di cose ha prodotto come conseguenza che i giovani italiani a parità di età e di titolo di studio rispetto ai giovani francesi o tedeschi, oggi hanno certamente – considerati i grandi numeri – minori chances di vita.
Da europeista convinto, ritengo che questo stato di cose vada cambiato per mezzo della forza dell’iniziativa politica in grado di superare i ritardi accumulati in ogni direzione (istituzionale, sociale, economica, produttiva) dal sistema-Italia.
Mario Mezzanotte