Caro Cazzullo,
ho letto con grande interesse le pagine che ilCorriereha dedicato al Convegno che si tiene a Palazzo Farnese di Piacenza sulla figura storica e il ruolo di Annibale nello scontro politico-militare che contrappose Cartagine a Roma.
Quale dilettante appassionato della storia del mio Paese e quindi di Roma, mi permetto di azzardare un rilievo alla narrazione, che mi pare ponga a dir poco in secondo piano un momento storico fondamentale. Di che si tratta? Dunque Annibale sconfigge a più riprese le Legioni che Roma gli invia contro. L’ultima battaglia sul territorio della Penisola si svolge a Canne: il risultato è la totale disfatta dell’esercito romano. Annibale dopo la battaglia di Canne si dirige verso Roma e accampa le sue truppe sui Colli Albani, a circa venti chilometri dalla città; nella quale intanto esplode il caos. In quel momento è da presumere che alla difesa della città siano rimaste solo le riserve dell’esercito romano.
Ma è nel campo di Annibale che si gioca la partita della Storia. Annibale osserva la città dall’alto dei Colli Albani (ho visitato il luogo indicato dalle guide turistiche; ma che sia quello giusto o un altro non ha alcuna importanza). Annibale potrebbe chiudere la partita una volta per tutte, radendo al suolo l’Urbe. Ma decide diversamente: fa dietro front e conduce il suo esercito a riposare e gozzovigliare in Campania. Gli storici riportano il commento di un suo generale: “Annibale sa vincere le battaglie, ma non la guerra”. Dunque la domanda è: perché Annibale si comportò così?
Al riguardo ci si limita a osservare che Annibale non aveva a disposizione le truppe sufficienti per organizzare l’assedio di Roma. Le mie letture mi inducono a considerare non molto convincente una tale osservazione. Infatti se è comprensibile che Annibale volesse salvaguardare al massimo le sue milizie, che comunque avevano ricevuto duri colpi dall’esercito romano infine sconfitto brutalmente a Canne, vanno tenute in conto altre considerazioni: 1) Le forze militari di Annibale erano di fatto superiori a quelle romane poste a difesa della città. Giunti a quel punto, come si può dubitare che il genio militare di Annibale avrebbe individuato la mossa giusta per farla finita con Roma? 2) L’esercito di Annibale si era via via rafforzato con l’apporto di milizie ausiliarie composte non solo dai Galli, ma anche da componenti italiche seppure minoritarie; ma di sicuro aumentate dopo Canne. 3) Annibale era sì un genio militare, ma anche un politico. E dunque prima di dare l’assalto a Roma, avrebbe potuto invitare le popolazioni italiche a partecipare al ricco bottino che si prospettava per coloro che avessero preso parte alla distruzione della città.
Quanto precede potrebbe apparire un gioco intellettuale. Ma si tratta di un riandare alle radici della storia d’Italia. Se allora i sette colli di Roma fossero stati ridotti ad un ammasso di macerie, dove avrebbero ripreso a pascolare greggi di pecore, la storia politica, economica, sociale, culturale e religiosa della Penisola avrebbe preso un corso assai diverso. E chissà, forse oggi parleremmo tutti il tedesco. Ma questo è un altro paio di maniche.
Mario Mezzanotte